Robert Fortune, scozzese di nascita, era un botanico estremamente determinato.
“Nel raccontare il mio viaggio andrò fin nel Celeste Impero” scrive Robert Fortune nel suo diario e fa riferimento alla Cina e soprattutto alle piantagioni di tè cinesi. Robert Fortune era il più grande esperto di botanica cinese. Per il governo britannico e la Compagnia delle Indie Orientali avrebbe dovuto cogliere semi e campioni della pianta del tè per impiantarli in Cina e trovare un’alternativa al commercio del tè con la Cina.
Il tè, la Cina e la Corona Inglese
Il tè in Cina all’epoca – la metà del XIX secolo – era raccolto a un penny, ma venduto all’Inghilterra a una sterlina. Un prezzo troppo alto, considerato quanto dal Settecento in avanti l’abitudine inglese al tè fosse diventata così necessaria, quasi una droga nazionale. Il problema per la Compagnia delle Indie, e dunque per la Corona, era di non poco conto, un problema economico da tenere in seria considerazione. D’altronde sospendere le importazioni sarebbe stato uno scandalo enorme, che avrebbe potuto innescare una rivolta popolare. Il commercio del tè muoveva un volume di affari troppo esoso per la Corona inglese. Il picco del commercio del tè si impose negli anni venti dell’Ottocento. Occorreva trovare una soluzione.
Un tentativo di soluzione fu la cosiddetta Guerra dell’Oppio. L’Oppio, droga sempre più in voga tra i Cinesi di ogni classe sociale, era coltivato in India, colonia inglese. Gli Inglesi vendevano l’oppio alla Cina, in cambio volevano sgravi sul tè. Ciò non avvenne nei termini pretesi dalla Compagnia delle Indie Orientali e ne scoppiò una crisi internazionale notevole che anche se si concluse favorevolmente per gli Inglesi, tuttavia non portò miglioramenti nel prezzo del tè.

L’epopea di Robert Fortune
Nell’immaginario collettivo, che tende a mitizzare e semplificare gli eventi, Robert Fortune è colui che – travestitosi da Cinese – riuscì a imparare a coltivare il tè e a rubare i semi che poi riuscì a piantare in India. In realtà le cose non sono proprio così semplici.
⇒ Per approfondire: Bill Bryson e la storia del tè
⇒ Per approfondire: l’avvincente storia della coltivazione delle camelie in Europa
Abbiamo già detto, infatti, che Robert Fortune non era un avventuriero, ma piuttosto un botanico, dunque una persona che se pur aveva qualche velleità da esploratore era innanzitutto un uomo di scienza. Gli uomini di scienza, in particolare i botanici, all’epoca dovevano necessariamente sporcarsi le mani per scoprire nuove specie botaniche ignote in Occidente. Nel 1848, dunque, il botanico Robert Fortune parte alla volta della Cina. Parte su sollecitazione della Compagnia delle Indie Orientali, ma fondamentalmente per un motivo: egli è il botanico più esperto, in quel momento, di flora cinese; inoltre Fortune è convinto che si possa coltivare ottimo tè alle pendici dell’Himalaya, dunque in India: un tè molto migliore rispetto al tè cinese anche di altura.

Robert Fortune decide di iniziare il suo viaggio da Shangai e di far sì da mescolarsi con i locali. Si fa tonsurare i capelli così come vogliono i Manciuriani per apparire più credibile: e dunque rapato sulla testa lungo i lati, ma con i capelli neri lunghi lisci e riuniti in una lunga treccia. Preferisce andare di persona a visitare le piantagioni piuttosto che mandare emissari cinesi. Fortune è consapevole delle difficoltà di mettersi in gioco in prima persona, tuttavia, da buon scienziato/curioso/esploratore è felicissimo di questa scelta perché, nonostante la fatica, di cui scrive nel diario, ha modo di individuare e campionare piante cinesi che oggi per noi sono comuni, come la citrus fortunella, ovvero il qumquat, il mandarino cinese; ma anche il gelsomino, il caprifoglio, il rododendro, l’azalea, la pawlonia hanno per padre occidentale il nostro Robert Fortune: e chi l’avrebbe mai detto?
Per gli stranieri era difficilissimo viaggiare in Cina. Ma con due monete allungate per il verso giusto come salvacondotto si poteva arrivare pressoché ovunque, anche nell’antica capitale di Anzhou. Il viaggio di Fortune fu dopotutto piuttosto fortunato, ed è lui stesso a raccontarlo, pagina dopo pagina del suo appassionante diario. Anzi, non uno, ma più diari e resoconti di viaggio. Infatti egli dà alle stampe alcuni volumi:
- Three Years’ Wandering in the Northern Provinces of China, A Visit to the Tea, Silk, and Cotton Countries, with an account of the Agriculture and Horticulture of the Chinese, New Plants, etc. (1847, John Murray)
- A Journey To The Tea Countries Of China; Including Sung-Lo And The Bohea Hills; With A Short Notice Of The East India Company’s Tea Plantations In The Himalaya Mountains. (1852, John Murray)
- Two visits to the tea countries of China and the British tea plantations in the Himalaya: with a narrative of adventures, and a full description of the culture of the tea plant, the agriculture, horticulture, and botany of China (1853, John Murray)
- A Residence Among the Chinese; Inland, On the Coast and at Sea; being a Narrative of Scenes and Adventures During a Third Visit to China from 1853 to 1856, including Notices of Many Natural Productions and Works of Art, the Culture of Silk, &c. (1857, John Murray)
- Yedo and Peking; A Narrative of a Journey to the Capitals of Japan and China, with Notices of the Natural Productions, Agriculture, Horticulture and Trade of those Countries and Other Things Met with By the Way (1863, John Murray)
Si tratta di risorse preziosissime da leggere oggi, perché attraverso la lettura di esse ci giungono freschissime le impressioni, le paure, i momenti di gloria e anche quelli di ingenuità di questo botanico esploratore. Alcuni di questi volumi sono consultabili online direttamente su Internet Archive: risorsa online preziosissima.

Il tè verde fu scoperto per la prima volta nella provincia di Hanoui: così riporta Robert Fortune nel suo diario. E proprio qui giungiamo ad una svolta: Fortune qui trova finalmente i semi, li seleziona, coglie i germogli e le radici. Osserva il metodo di raccolta e ne acquisisce gli insegnamenti e i segreti della coltivazione e del processo di produzione.
Una volta raccolto e spedito tutto il materiale botanico, semi e foglie, la missione di Fortune si potrebbe concludere. Così, ancora nel 1848, egli ritorna a Shangai.
Qui Robert Fortune lavora alla conservazione delle piantine e dei semi del tè ottenuti, che sono molto fragili. Per salvarli sostanzialmente inventa una serra in miniatura per trasportare le piantine. Nonostante questi accorgimenti le piante non arrivano a destinazione sull’Himalaya; le casse si rompono, le piantine muoiono. Un totale fallimento. Ma Fortune non si fa abbattere e cerca nuove soluzioni.
La sua nuova avventura si sposta a nord, nella favolosa regione di Huishan/Wujian.
Huishan/Wujian è per Fortune un luogo magnifico, con monti elevatissimi e laghetti meravigliosi. “Il tè placa presto la sete e ravviva il mio spirito”: così Fortune ritrova la sua verve nella ricerca delle piante. In particolare i portatori – considerati alla stregua di bestie da soma – affascinano Fortune, e il loro rischioso ma metodico camminare lungo i sentieri impervi che risalgono le formazioni rocciose e le vette dell’Huishan/Wujian, in particolare il monte Wuji. La strada è lunga e impervia. Egli trova ospitalità presso un monastero che controlla le coltivazioni di tè. Del resto il tè da tempo immemore in Cina è considerato un elemento fondamentale della meditazione, sia nelle pratiche spirituali, per la qualità della concentrazione che permette di raggiungere, che nel quotidiano. Robert Fortune qui capisce la differenza tra tè nero e tè verde. Fino a quel momento si era ritenuto che tè nero e tè verde derivassero da due specie di pianta del tè (camellia sinensis) distinte. Lui finalmente capisce che la differenza tra tè nero e tè verde sta nella lavorazione delle foglie successiva alla raccolta. E pure se distingue seppur minime varietà nelle piante di tè, tuttavia la scoperta fondamentale sta nel comprendere la differenza tra le due tecniche di lavorazione.
⇒ Per approfondire: l’infografica con la differenza tra tè nero e tè verde
⇒ Per approfondire: si fa presto a dire tè verde
Missione compiuta.
Così inizia il viaggio dalla Cina all’India. L’idea di coltivare il tè in India esisteva già da tempo ed è per questo che Fortune era stato incaricato. Alla fine del suo viaggio, dalla provincia di Huishan/Wujian arrivano oltre alle piante e ai semi anche due supervisori, dei coltivatori e un campionario di arnesi per la lavorazione e la coltivazione del tè. Finalmente è fatta, le piante hanno valicato il confine tra Cina e India, il tè può essere finalmente coltivato in India, alle pendici dell’Himalaya, inizialmente, e a seguire nelle altre regioni. L’arrivo delle piante in India segna la crisi e il declino della Cina. Quella che sembra una piccola impresa, una romanzesca storia di “spionaggio” botanico, in realtà ha una portata storica non indifferente, perché grazie ad essa l’Inghilterra si affranca dal monopolio cinese del commercio del tè. Considerato il volume di affari che comportava, questo episodio va sicuramente annoverato tra i fatti storici più importanti del Regno Unito.

Per quanto riguarda Fortune, invece, al suo rientro in Madrepatria visse tutto sommato agiatamente per i proventi dei suoi libri. Morì nel 1880. Oggi è un personaggio misconosciuto fuori dal Regno Unito, ma sicuramente amato e celebrato in patria. E non potrebbe essere altrimenti. Ha segnato una svolta nella storia dell’Inghilterra e della Cina.
Hai capito questi inglesi! 😆
Eh, hanno fatto di necessità virtù. E in grande stile, ovviamente 😉
Io adoro il tè, soprattutto quello verde. Interessante il tuo articolo, bel racconto, non lo conoscevo…tornerò a sbirciare sul tuo blog😉
Grazie Manola, felice di averti incuriosito! A presto allora 😉
Non sapevo che Mr (o Sir) Fortune fosse un botanico, chissà che disegni favolosi avrà realizzato sui suoi taccuini! Sai se per caso i suoi taccuini sono conservati al Victoria & Albert Museum? Da quanto racconti… mi sembrerebbe plausibile e mi è venuta una voglia matta di leggere i suoi diari di viaggio, magari proprio con una miscela di te presa un anno fa a Londra nel favoloso negozio storico di Fortune&Mason (una delle soste obbligate nelle mie trasferte londinesi).
Non ti so dire se si trovano al Victoria & Albert Museum, tuttavia online si trovano alcuni dei suoi libri scansionati da edizioni ottocentesche: io ho trovato i link tra le note di wikipedia e sono sfogliabili liberamente.
Grazie! Me li cercherò di sicuro appena ho un attimo. E non mancherò di cercare anche il documentario da cui hai tratto qualche screenshot per l‘articolo, mi ispira molto.